È quanto affermato da un componente dell’Autorità Garante per la privacy, prof. Califano, nel seminario organizzato dalla stessa Autorità, ove è stato ribadito che è indispensabile operare un corretto bilanciamento tra le finalità connesse alla pubblicazione delle notizie sull’attività amministrativa ed il diritto alla riservatezza e alla dignità delle persone.

L’attenzione è stata focalizzata proprio sui rischi per la vita privata derivanti dalla diffusione indiscriminata e generalizzata di dati personali, basata su un malinteso e dilatato principio di trasparenza. Dunque è stato posto l’accento sulla necessità che l’accessibilità alle informazioni del settore pubblico si coniughi con la tutela della privacy dei cittadini, partendo da coloro chericevono sussidi economici pubblici in quanto versano in particolari condizioni di bisogno e disagio sociale.Sono stati, poi, ricordati i profili problematici sollevati dal Garante e i suggerimenti accolti dal Governo riguardo alle nuove norme sulla pubblicità e trasparenza entrate in vigore con il D.Lgs. 33/2013.

L’originario impianto delle norme, infatti, prevedeva l’obbligo di pubblicazione di qualsiasi informazione senza particolari filtri, e si sarebbe quindi rivelata fortemente lesiva della dignità degli interessati. L’intervento del Garante ha, invece, evitato che venissero diffusi dati sullo stato economico-sociale dei più bisognosi, ma soprattutto ha imposto il divieto di pubblicare dati supersensibili, come quelli sulla salute. Il Governo ha anche accolto il suggerimento del Garante di rendere anonimi dati personali contenuti nei documenti per i quali è prevista una pubblicazione facoltativa da parte delle pubbliche amministrazioni.

“L’analisi ad impatto privacy operata dal Garante – ha dichiarato la professoressa Califano – non è stata tuttavia recepita in toto. Permangono, infatti, forti elementi di criticità. A partire dalla previsione di indicizzare gli atti e i documenti pubblicati on line: di consentire cioè la loro rintracciabilità mediante i più comuni motori di ricerca. Questo svuota di contenuto il diritto all’oblio cristallizzando nel tempo informazioni spesso superate, lasciando le persone indifese rispetto all’eventualità che notizie del passato possano riemergere senza alcun controllo o connessione logica. Il Garante aveva sollecitato invece il Governo a puntare sulla rintracciabilità di determinati documenti solo mediante motori di ricerca interni ai siti web delle singole amministrazioni, in modo tale da consentire accessi selettivi e coerenti con gli scopi della pubblicazione on line.
Ultimo aspetto, ma non meno importante, quello della conservazione dei documenti sui siti istituzionali che, di fatto, ha come effetto la loro permanenza on line per un tempo illimitato: circostanza che si pone in contrasto con i principi comunitari stabiliti dalla Direttiva 95/46/CE in materia di protezione dati”.

Fonte: www.diritto.it

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