La Legge 18 giugno 2009, n. 69 (“Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile.”) contiene un brevissimo articolo – il 56 – che riguarda le domande volte a ottenere il riconoscimento del diritto a pensioni, assegni e indennità, comunque denominati, spettanti agli invalidi civili nei procedimenti in materia di invalidità civile, cecità civile e sordomutismo.
L’articolo estende a queste domande le medesime regole che già valgono per gli assegni e le pensioni

per la cosiddetta “invalidità pensionabile”. La norma di riferimento (Legge 222/1984, art. 11), infatti, vieta la presentazione di nuove domande di accertamento dello stato invalidante – per le stesse prestazioni – “fino a quando non sia esaurito l’iter di quella in corso in sede amministrativa o, nel caso di ricorso in sede giudiziaria, fino a quando non sia intervenuta sentenza passata in giudicato.”
La disposizione, già parzialmente ripresa negli anni ’80 dal Ministero dell’Interno con proprie circolari, ora si applica (dal 4 luglio 2009), per legge, anche ai procedimenti di accertamento dell’invalidità civile, cecità civile e sordomutismo (sordità prelinguale).
Risvolti applicativi
Ciò significa che l’interessato non può presentare una nuova domanda di accertamento, se ha presentato ricorso davanti al giudice o se non ha ancora ricevuto ufficialmente il verbale di accertamento dall’ASL o dall’INPS.
Per la precisione, rispetto ai ricorsi davanti al giudice, la norma si riferisce a “sentenza passata in giudicato”. Cosa significa? La risposta è nell’articolo 324 del Codice di Procedura Civile che recita: “Si intende passata in giudicato la sentenza che non e’ piu’ soggetta né al regolamento di competenza (cpc 42, 43), nè ad appello (c.p.c. 339), nè a ricorso per cassazione (cpc 360), né a revocazione per i motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell’articolo 395 (cc 2909, 2953; disp. att. cpc 124).”
In sostanza non solo la sentenza deve essere depositata, ma non devono esserci ricorsi in appello o in cassazione, e devono essere trascorsi i termini per la loro presentazione.
Il primo risvolto riguarda i casi di aggravamento dello stato di salute o di insorgenza di nuove patologie, in fase successiva alla presentazione del ricorso giurisdizionale. Con la nuova norma non si potrà presentare domanda di aggravamento fintanto la sentenza non sia passata in giudicato.
Tuttavia, indirettamente e forse inconsapevolmente, il Legislatore equiparando il “trattamento” delle minorazioni civili a quello delle invalidità pensionabili (art. 11 Legge 222/1984), ha reso applicativo anche per le prime, l’articolo 149 delle Disposizioni attuative del Codice di Procedura Civile (il Regio Decreto 18 dicembre 1941 n. 1368). Questo prevede espressamente che il giudice debba valutare le nuove infermità e gli aggravamenti delle malattie già esistenti, insorti nel corso del giudizio. Obbligo a carico del Cittadino ricorrente, la presentazione della documentazione e delle certificazioni attestanti l’aggravamento.
Va rammentato che l’articolo 11 della Legge 222/1994 è stato oggetto di una vasta produzione giurisprudenziale, tante sono le controversie e i margini interpretativi, il che prelude ad un ulteriore contenzioso anche sugli aspetti formali e procedurali.
Visti anche i noti tempi della giustizia civile, l’intera disposizione ha un carattere fortemente dissuasivo rispetto al ricorso che attualmente, lo ricordiamo, è ammesso solo davanti al giudice e non per via amministrativa o di riesame.
Lacune e paradossi
Ma vi sono anche altri risvolti su cui la norma difetta di ragionevolezza e motivazione. Spieghiamoli con un esempio: una persona viene riconosciuta invalida al 100% con revisione dopo due anni. Le viene erogata solo la pensione ma non l’indennità di accompagnamento: presenta ricorso al giudice. Trascorrono due anni senza che il giudice si pronunci. La persona non può presentare una nuova domanda per la valutazione della rivedibilità richiesta a suo tempo dalla stessa Commissione.
Si rileva poi una “dimenticanza” nell’intervento legislativo: la restrizione non riguarda l’accertamento dell’handicap (art. 3 Legge 104/1992), il che significa che per questo tipo di accertamento può essere ammessa, oltre al ricorso giurisdizionale, anche la domanda di accertamento dell’aggravamento senza attendere l’esito del processo.
Questa dimenticanza apre un secondo bizzarro paradosso che sarà competenza delle ASL dirimere: nel corso della valutazione dell’handicap la Commissione potrebbe rilevare un aggravamento anche della percentuale di invalidità precedentemente accertata. Se vi è un ricorso giurisdizionale in corso può la commissione pronunciarsi anche sull’invalidità?
Situazione simile in sede di accertamento della disabilità (Legge 68/1999) in funzione del collocamento lavorativo: la Commissione può ridefinire il grado di invalidità civile se è in atto un ricorso davanti al giudice proprio sulla percentuale di invalidità precedentemente riconosciuta?
L’INPS
L’INPS, con Circolare 97 del 6 agosto 2009, sì è prontamente pronunciata sulla novità, forte anche delle più recenti disposizioni che attribuiscono all’Istituto l’onere di raccogliere, dal 1 gennaio 2010, tutte le domande di accertamento di invalidità, handicap e disabilità, al posto delle Aziende Usl (articolo 20 comma 3 della Legge 3 agosto 2009, n. 102, di conversione del Decreto Legge 78/2009).
L’INPS, oltre a riportare le indicazioni della Legge 69/2009, propone alle Regioni uno specifico modello di autocertificazione che gli interessati dovrebbero compilare, congiuntamente alla domanda di accertamento dell’invalidità civile, cecità civile, sordomutismo e che le ASL – fino al subentro dell’INPS – dovrebbero acquisire unitamente alla documentazione già richiesta.
Consulta
•    Legge 18 giugno 2009, n. 69 (art. 56)
•    Circolare INPS, 6 agosto 2009, n. 97

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